sabato 30 aprile 2016

L'IKEA, l'uomo e la donna

Andare all'IKEA è sempre bellissimo.
Diciamo la verità, non ci si va solo per i mobili. .
L'ideale è,  e posso dirlo per esperienza, arrivare al negozio per ora di pranzo. Fermarsi al piano terra per un spuntino al volo ... giusto un paio di cartocci di patatine, due panini a pochi centesimi,  45 giri di ricarica bevande e un gelatino "a ciuffo".
Una volta consumato il pranzo leggero (si fa per dire ... ), con aria soddisfatta e abbastanza somigliante a quella che si ha dopo il pranzo di Natale, si sale sulle scale mobili (che il costruttore e i progettisti hanno messo, non a caso, proprio vicino all'area ristorante).
Saliti al primo piano,  si apre l'esposizione divani. Ah!  Che pacchia! Tutti a provarli!  Dai, chi non l'hai mai fatto almeno una volta? Ti alzi da uno e ti sdrai sull'altro. Poi ti giri e ti appoggi a un altro, annuendo con aria complice alla vecchietta che, dolorante a causa dei calli, sta facendo la stessa cosa e ti guarda perplessa.
Di bracciolo in cuscino,  arrivi al reparto sedie e cucine e lì apri tutti gli sportelli, tutti i cassetti, tutti i forni e lavastoviglie che trovi. Nemmeno dovessi trovarci " Narnia". Tutte le volte la stessa espressione di meraviglia, come se fino a quel momento, in casa tua, non ne avessi mai avuti. 
Tocchi tutto. Commenti tutto,  compreresti tutto.
La gita (perché tanto è così che la viviamo tutti) procede senza intoppi.
A fare il danno è il reparto "mercato" al piano di sotto.  Un intero settore pensato da Satana in persona,  al quale ci si approccia solo una volta rifocillati al bar e liberati dai liquidi con la tappa Toilette.
Scendi le scale e già TI SERVE TUTTO. La candela alla mela,  quella al cocco, anzi no,  visto che ci sono ne prendo "ventordici" pacchi alla vaniglia. La pinza per l'insalata e la tazza per la colazione, visto che la tua si é sbeccata,  ma dato il prezzo, ne prendo altre quattro, così con quella rovinata che ho già fanno cinque e ne posso usare una diversa ogni giorno.  Il cesto per la biancheria,  la lampadina che cambia colore... "oh,  anche la teiera che,  anche se domani ufficialmente siamo a Maggio, il tea caldo me lo bevo lo stesso". Il tappeto,  la tenda,  il cuscino da esterno,  il contenitore per cassetti (oddio, ma quanto ho speso?!).

Intanto,  mentre la donna continua a macchinare e a rimbalzare da uno stand all'altro,  l'uomo, stanco già dal primo minuto, si aggira con aria di chi ha fatto la guerra, armato della tipica borsona gialla in plastica sulla spalla. Poi, una volta arrivato in un angolo si perde con il cellulare, guardandosi attorno con l'aria di un investigatore privato. La stessa scena si ripete ad ogni cantuccio, dove lei non lo può vedere. Tuttavia, nonostante lo scarso tentativo di nascondersi, la donna arriva e gli chiede speranzosa " ho visto quel bellissimo vaso verde da abbinare alla tovaglia color giallo, da mettere sul tavolo, sotto la lampada lunga che abbiamo a casa. COSA NE PENSI? ".
ATTIMO DI PAURA. 
Lo sguardo perso di lui vuol dire tutto. Dopo un fragoroso sbadiglio,  arriva il responso: " non lo so".
LA FINE. Ci restiamo talmente deluse che viene meno ogni nostra fantasia, voglia di shopping e piacere di vivere. Lo abbandoneremmo lì.
Molte lettrici si rivedranno in quanto ho scritto sopra. Sappiate che, almeno per quanto mi riguarda, non ho esagerato, anzi. A causa di un "non lo so" in più, sto tornando a casa senza tende... per la quarta volta!

mercoledì 27 aprile 2016

DAY 4: THE END

Ahimè, sembrava un weekend lungo, lunghissimo, invece è arrivato anche l'ultimo giorno.

Una cosa ancora non avevamo "assaporato": il mare
Che dire... possiamo solo inchinarci e rimanere sbalorditi da quanto bello sia il mare a Taranto
La litoranea è lunghissima e più strada fai, più limpida diventa l'acqua. Talmente chiara e trasparente che anche con il forte vento e l'aria freddina, ti ci tufferesti senza pensarci (che poi, al sole, si stava proprio bene). Sembrava estate da quanto il colore blu ti riempiva gli occhi. 
Posso tranquillamente dire, senza paura di essere smentita, che sembrava di stare ai Caraibi. 
Mi sono convinta sempre più che quello fosse mare, non l'acqua verdino smunto che abbiamo in molte nelle nostre zone (per carità, in mancanza d'altro va bene pure quello). "Ciaone".

Come poteva continuare la giornata se non con una bella mangiata di pesce? Fresco fresco, cotto e preparato a casa! 
Mi preme fare i complimenti alla cuoca, senza ombra di alcun dubbio, fantastica.
Delle orate talmente belle e buone che mi saltavano in bocca da sole. La pasta alle cozze si arrotolava da sé attorno ai denti della forchetta. 


 
Credo che la vita debba essere così: una mattina al mare e un piatto di buon pesce, in un clima gioviale e goliardico. Non la smetterò mai di ricordare che persone meravigliose abbiamo incontrato e conosciuto meglio! 

Il nostro tour gastronomico si è concluso con una "ciccioneria" enorme, scandalosa, ma buona, proprio tanto buona. Mi sono sciolta davanti agli straccetti di pizza fritta alla cioccolata (ancora ne sento il sapore). Credo di essere ingrassata 4 kg in un fine settimana, ma ragazzi, che vita!

Con il mare negli occhi e la "panza piena", credo proprio che queste giornate mi mancheranno parecchio. 


DAY 3: Ostuni

Ostuni è proprio bella. Viuzze e vicoli,  case bianche,  un piccolo centro storico arroccato.

Ahimè, a riconfermare che la nuvoletta di sfortuna mi perseguita, il tempo non ha retto e una volta arrivati, non abbiamo potuto fare altro che ripararci dalla pioggia ...  in un ristorante (tanto era ora di pranzo, sai che disperazione!).
Ammetto che in questi giorni, il cibo è diventato mio amico (fin troppo) e che all'ora di pranzo non ho guardato in faccia a nessuno. Un ringraziamento particolare va fatto alle buonissime forchette che mi hanno fatto compagnia.
La cosa che mi ha colpito è stata mangiare in una grotta; il cameriere ci ha accolti molto gentilmente e in meno di un secondo, ci ha preparato il tavolo in una stanzetta ricavata nella pietra bianca. Uno spettacolo. Inutile dirlo, si è mangiato come poche volte nella vita!
Davanti a noi una vista magnifica, appena usciti dal ristorante: il mare che per quanto arrabbiato fosse,  sempre bello resta!
Un susseguirsi di cose nuove, sapori da scoprire, luoghi mai visti. Sapete che vi dico? Io in Puglia "vado a ballarci" e ci tornerò molto volentieri!!

martedì 26 aprile 2016

DAY 2: BOMBETTE, TRULLI E TETTE DELLE MONACHE

Stando a quanto abbiamo capito,  sei vai a Martina Franca,  due sono le cose che proprio non puoi evitare di fare: la prima é passeggiare per le vie del centro. Bellissimo. Scattare foto ai vicoli, urtare contro gli altri turisti perché impegnati a camminare con la macchina fotografica in mano e il naso verso il cielo.
La seconda cosa è mangiare le "bombette". Cosa sono? L'essenza del " male" e della bontà. Involtini di carne fresca,  imbottiti con tutto il ben di dio che uno possa immaginare!
Non è roba da vegetariani o vegani.
Praticamente sembra di entrare in una macelleria del centro, solo che una volta scelto in vetrina cosa mangiare, giri l'angolo della sala e ti ritrovi in un ristorante molto ben arredato,  dove ti siedi e ti alzi dopo ore a causa del quintale di carne ordinata. Per chi ama il genere ... Chiamatemi che vi passo il numero!
Quando,  rotolando, ti trascini fuori dal locale e arrivi all'auto,  già pensi che nel pomeriggio ti troverai davanti alla "tetta della monaca".


No, non si tratta di blasfemia, ma di pasticceria tipica. La "tetta" in questione non è altro che un dolce, fatto di pasta e ripieno di crema al mascarpone,  la cui forma è un chiaro rimando al nome.
Immaginate ora: passeggiare amabilmente tra i trulli di Alberobello (una vera e propria chicca a livello mondiale) e accomodarsi ad un tavolino, magari con un buon caffè, ordinando alla cameriera una "tetta". Beh,  sicuramente il sorrisino che allude ci scappa,  però ne vale la pena perché,  ahimè, il dolce è proprio buono!






lunedì 25 aprile 2016

DAY 1: PUCCIA IS THE WAY

È un po' che non scrivo "le mie memorie",  allora ho pensato (e spero siate d'accordo) che potrei riprendere raccontandovi del mio viaggio a Taranto.  Essendo ancora in atto,  vedrò di elaborare perle e fior fior di descrizioni (alla mia maniera).
Premetto, la trasferta pugliese è nata per rivedere una coppia di amici, mitica compagnia a New York,  riconfermatasi piacevolissima da frequentare. A loro dedico questo piccolo racconto di viaggio: grazie per l'esperienza,  per le risate, per la "panza".

DAY 1: PUCCIA IS THE WAY
Arrivati a Bari,  siamo stati accolti in maniera esemplare e abbiamo continuato il nostro viaggio fino a Taranto. Grazie a un ottimo oratore, abbiamo constatato subito che la città è magnifica (o come diciamo a Verona "gran bella").
Un giro per le vie storiche,  il mare...  facile innamorarsene.
Pezzo forte è il Castello Aragonese.  Una gioia per gli occhi,  ma anche una bella dose di cultura, sparata diretta nelle vene. La visita turistica di sera poi,  scendendo sulla lingua di mare che dá sulla città, è stata una poesia. E "va a quel paese" a quelli che parlano solo dell'Ilva.


Una volta "riempite le sacche" di storia e dopo tutta quella bellezza per gli occhi,  lo stomaco reclamava cibo. Non sapevamo ancora cosa avremmo approcciato quella sera stessa: LA PUCCIA.
La PUCCIA non è un panino,  non è una pizza ... è molto di più;  riempita con un kg di bontà che ti colpisce prima in faccia,  poi ti scivola in bocca e infine, ti conquista il cuore.  Puoi condirlo e "abbuffarlo" come vuoi.  La mangi senza posate,  preparandoti psicologicamente al fatto che ti sporcherai,  probabilmente fino ai gomiti.
La puccia è talmente immensa che non ne escludiamo l'esportazione  in terra veneta. Pucciare per credere.  PUCCIA IS THE WAY!

Panino puccia




giovedì 14 aprile 2016

Chi cerca nella dispensa...



Qualche volta, ma solo qualche, credo che non sia io a cercare il cibo. Lui cerca me. Mi cerca e mi trova.

Avete presente quando il mondo non gira come diciamo noi, quando passeresti la giornata a letto e "ciao"? Ecco, in quei giorni, mi sembra che l'unico in grado di capirmi sia il cucchiaio da minestra inzuppato nel barattolo di cioccolato. Un bella secchiata di crema di nocciole, una confezione da 200 gr di biscotti... 
Funziona che apro la dispensa, sbuffando perché non so bene cosa cerco, ma so che qualsiasi cosa capiti davanti... "buona". 
Apro la dispensa e, con aria innocente, lei è lì. La via di salvezza della psiche, la consolazione. Tutti quei bei dolciumi che mi guardano (che in realtà, poi, mi guardano anche i ceci, le lenticchie, i fagioli, ma mi fanno meno "pressione").
Nel momento esatto in cui realizzo che sto per cedere al languorino e che mi abbufferò tra 3,2,1, compaiono sulle mie spalle i classici consiglieri; sopra una, il buono (l'angelo) mi dice quello che mi direbbe mia madre: "basta mangiare che poi ti viene il culone". Sopra l'altra, il diavolo mi fa ragionare a modo suo: "che te ne frega, il lato B è già abbondante! Fattelo n'artro cucchiaino!".
L'intera lotta tra il bene e il male, tra la fame e il grasso, tra me e la dispensa. Come finirà? Ve lo dico io, ma prima faccio razzia un altro po'.


martedì 5 aprile 2016

JOHNNY e i suoi "balli proibiti"


Ci sono poche certezze nella vita. Una però è che "Dirty Dancing" è stato e sempre sarà il film romantico più bello della storia. 
Diciamo la verità, Patrick nostro rimarrà eternamente nei cuori. Il suo personaggio, Johnny, un ragazzo cresciuto in fretta, vestiti scuri e aderenti, occhialoni neri, abbronzatura e fisico perfetto, chiodo da vero duro, rappresenta il "trucidone" che noi tutte vorremmo incontrare. Circondato da un'aura di mistero, lui (e solo lui) sa prendere a calci così bene i paletti per sfondare il finestrino dell'auto. Lui solamente può "cazziarti" (e tu muta) perché non parti alla seconda battuta o perché appoggi il tallone durante la coreografia. Solo lui può indossare una canottiera ed essere bello davvero. Ah, destino crudele!


Ammettiamo che ogni volta, passasse in programmazione anche una volta al mese, questo film è gettonatissimo e non c'è altro in televisione che regga, dobbiamo guardarlo! 
Ci rivediamo nel vestito rosa cipria e i sandaletti argento di Baby Houseman, mentre salta addosso a LUI per eseguire "il salto" a posizione d'angelo. Ci immaginiamo entrare nella stanza-topaia del maestro di ballo più figo del mondo, nel cuore della notte, e lanciarci in una serie di "strusciamenti" sulla base di una lentissima e sensualissima canzone d'amore. 
"Io, io ho paura di tutto... di quello che sono, di quello che faccio, di quello che dico e, soprattutto ho paura che se me ne vado da questa stanza non proverò mai più quello che sto provando adesso, adesso che sono qui con te..." dice Baby, un attimo prima di abbandonarsi all'amore passionale di Patrick-Johnny. Poco importa se poi crolla il mondo.

Un amore ostacolato da dicerie, preconcetti, classi sociali, dagli anni '60. 
Lei che ama lui, ma non vuole dirlo al padre, che intanto lo odia perché crede abbia compromesso e fatto abortire l'amica, l'altra insegnante di ballo. L'inganno, la falsa accusa di furto, lui che se ne va sulle note di "She is like the wind" e lei che cade in depressione. Poi, il colpo di scena: lui torna e la rapisce per un ballo, l'ultimo del film, ma il primo della loro vita insieme (o almeno così fa intuire la storia). Il padre che cambia idea, si scusa e via... verso l'eterna felicità. 

Caro Patrick, so che ci stai guardando da qualche punto del paradiso (perché se in paradiso non ci sei andato tu... siamo rovinati), te lo dico con il cuore, con l'appoggio di intere generazioni passate, presenti e future di donne: GRAZIE! 

DISEGNO A CERA DI UN CUORE



domenica 3 aprile 2016

GENERAZIONE STAGE

Non che al momento ne abbia bisogno (facendo "corna"), però, colpa delle tante volte in cui mi è capitato di cercare lavoro, l'occhio sugli annunci di offerte lavorative mi casca. 
Già, mi capita di leggerne, in rete e sulle vetrine dei negozi, nei grandi Centri Commerciali, e lasciatemelo dire: fanno schifo. Fanno ridere, fanno venire la rabbia dal profondo dell'anima. 

Ultimamente poi, sta prendendo piede la parola STAGE, quasi come andasse di moda tra i datori di lavoro (grandi o piccole aziende). "SI OFFRE CONTRATTO DI TIROCINIO" è la frase che più spesso si legge. Tuttavia, la cosa che mette tanta tristezza e lascia l'amaro in bocca è che questo tipo di "contratto" (se così possiamo definirlo), una volta, veniva offerto al giovane laureato che, essendo proiettato verso la specializzazione, voleva fare professioni come il medico, l'avvocato. Fatti i canonici mesi a paga misera o nulla, si veniva (con un po' di fortuna) assunti, a tempo indeterminato (e allora "si facevano soldi"). Ora? Beh, adesso il TIROCINIO viene offerto indistintamente per qualsiasi tipo di impiego, età, periodo: barista, commessa, segretaria, muratore, magazziniere, vecchio, giovane e appena uscito dalle scuole, padre di famiglia quarantenne.

La situazione in cui versiamo è proprio triste e dà da pensare sicuramente. 
Inviterei chi cerca personale da impiegare a fermarsi un secondo, a pensare bene a chi cerca e a cosa offre.


FOTOGRAFIA ESPRESSIONE DUBBIOSA

Dunque, cara azienda, ufficio, studio (e chi più ne ha), quando cercate un "impiegato tra i 25 e i 40 anni, con pluriennale esperienza nella mansione di addetto al marketing, con almeno 4 anni di lavoro in amministrazione e con una buona padronanza di una lingua a scelta tra l'inglese, il francese, il tedesco, lo spagnolo e il russo, ottima capacità di organizzarsi, gestire i clienti e i fornitori, disponibilità a trasferte, assoluta disponibilità a orari flessibili anche nei giorni festivi", cosa cercate esattamente? Come può una persona normale, un normalissimo ragazzo di 24 anni o una signora di 39, avere tutte queste caratteristiche? Passi per gli anni lavorativi della signora adulta, ma la "pluriennale esperienza", il ragazzo diplomato o la ragazza appena laureata, ventenni, come possono essersela fatta? O studiavano o andavano a lavorare, no? Anche avessero scelto di andare a lavorare una volta fuori dalla "scuola dell'obbligo", la buona conoscenza della lingua estera (a scelta tra il cinese, il russo, l'arabo) come possono averla? Avete forse notizia di qualcuno nato "IMPARATO?". 
L'esperienza si fa sul campo. Come possiamo tollerare che le persone non vengano assunte perché non hanno già fatto gavetta nella stessa mansione? 
Al giorno d'oggi, nessuno vuole insegnare più niente, ma si pretende che tutti sappiano fare. 
"Vorrei fare la barista"; sicura? Sai fare il caffè con una macchina di quelle? No? Niente, dovevi esercitarti a casa... e preparare la moka non vale... (la cosa è senza senso, ma questo è quello che ci si sente dire). 
Inoltre, caro datore di lavoro che vuole, come si dice al mio paese "OVO, GALINA E ... ", come puoi pensare di offrire a una persona che abbia dai 30 ai 50 anni, un contratto di stage. Ci prendiamo in giro? Cosa ci facciamo a 30 anni con poche centinaia di euro al mese? La fame? Anzi, ci paghiamo l'assicurazione della macchina e il carburante per venire a lavorare, 8/9 ore al giorno, gratis! Splendida, splendida idea... dove devo firmare?
Siamo seri per favore. Un padre o una madre che ci fanno? Cosa mettono nel piatto ai figli? L'affitto o il mutuo come lo pagano? Ci sono! La colpa è loro! Non bisognava fare i figli, non bisogna avere vizi strani come mangiare o volere cose come un tetto sopra la testa.
Le aziende vogliono giovani smart, automuniti, disponibili, flessibili, dinamici, splendidi... per un compenso che sfiora il baratto con lattine di birra vuote e cassette di mele o, peggio mi sento, la pacca sulla spalla e un calcio nel..
Un altro punto è capire che, il giovane altamente specializzato, con la conoscenza di 4 lingue straniere, a fare il tirocinio, non ci pensa proprio! Non è sprovveduto. Magari resta qualche mese in più a casa di mamma, ma non vuole proprio fare la fame. In questo caso è l'azienda che perde l'occasione.

Negli ultimi anni, noi giovani ci siamo sentiti accusare di tutto: se resti in famiglia, sei un mammone e un delinquente svogliato, pigro. Se vai a vivere da solo, mangi pane e cipolla perché non puoi permetterti altro. Se ti sposi lasciamo stare, se fai i figli ancora peggio. Se cambi lavoro perché ambisci a qualcosa di meglio, fosse solo per qualche soldo in più, sei schizzinoso e non meriti nulla. 

Personalmente, non capisco più come gira il mondo del lavoro e, bene o male, lavoro da 10 anni. 
Una cosa sola mi sembra chiara: "se tutto va bene, siamo rovinati".

CARTELLO CON SCRITTO JOBS